
Hugo Race, cui l’aggettivo “eclettico” ormai calza a pennello, conosce proprio in Sicilia le opere di Mario Merola, per mano di alcuni ragazzi che gli chiedono (non si sa quanto gentilmente) di usare alcuni vecchi nastri dell’interprete nell’ambito di una installazione all’aperto: inserisce i nastri, rimane “sconvolto” dalla voce potente ed ancestrale di Merola e dalle ambientazioni grevi che la accompagnano e decide di fare di necessità virtù, combinando i propri paesaggi sonori con stralci campionati dalle cassette.Il risultato ha lo splendido titolo di The Merola Matrix: Race, dimostrandosi artista di classe e gusto, comprende bene il retroterra che i brani di Merola rievocano ed attualizza l’opera epica e vibrante di Nino Rota, cospargendo l’intero album con una greve sensazione di immobilità, di dolente stasi: alla voce di Merola in sé, come agli altri personaggi chiave delle sceneggiate che interpretò, è dato in fin dei conti poco spazio, ma quelle poche parole pronunciate sono archetipali, determinanti. “Il mondo cambia... ma non cambia... perché è una ruota...”, ansima una donna in La Ruota; “attent’a te... tu faje ‘na brutta fine”, chiosa Merola in Schippa Ciao: e bastano queste poche frasi per svelare un mondo corrotto sin nelle radici, dove sangue chiama sangue in una giostra letale: e l’ambientazione sonora creata da Race, che immerge la pomposa drammaticità originale in un contesto ancora più ombroso e scheggiato, non fa che accentuare le tematiche classiche della sceneggiata, con un misto di curiosità e sentito rispetto.Attendendo quindi una rivalutazione del cinema napoletano “di genere” – quello che non fa ridere se non involontariamente, e che comunque non approda ad Hollywood – possiamo acclamare The Merola Matrix come il primo tentativo di sua rielaborazione interessante è riuscito: paradossalmente, il Sud Italia che dipinge l’australiano Hugo Race è ben più interessante di quanto abbiano fatto altri che nel sud sono nati.
2 commenti:
La cosa che più mi sconvolge, oltre alla bellezza del disco, è che l'abbia fatta un chitarrista australiano che per caso ha conosciuto la musica di M Merola.
Certe volte mi chiedo come sia possibile che a noi napulitane sia mancata completamente l'idea di rivisitare i classici in chiave elettronica, conservando lo stile e le atmosfere originali....
Eppure siamo cresciuti con questa musica...
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